In comunicazione ogni lasciata è persa
In periodi di crisi si risvegliano i detti popolari che invitano all’uso attento delle risorse … proviamo a riutilizzare metaforicamente uno di questi per parlare di comunicazione efficace: “Ogni lasciata è persa”. Lo abbiamo scelto perché sono tante le aziende italiane che impegnano importanti risorse per sviluppare il loro mercato estero, ma sono tante anche quelle che lo fanno saltando a piè pari l’idea di ottimizzare la penetrazione in quella vasta parte di mercato nostrano che, seppur disponibile, è rimasta a loro invisibile. Per rendere l’idea in modo più semplice, diciamo che sono ancora troppe le imprese che usano una cannuccia corta per bere da un contenitore profondo (il nostro Paese) e una cannuccia lunga per cercare di arrivare ad un altro contenitore più lontano (l’estero) la cui profondità non è così chiaro quale sia. È evidente che né con uno né con l’altro sistema si possa “aspirare” al massimo. Si pensa all’estero come alternativa capace di sanare scarsi risultati in patria e succede quando non si riflette sulle effettive qualità della propria comunicazione e se questa sia stata efficace e orientata correttamente.
Scegliere di passare oltre è legittimo, ma controproducente perché lascia di fatto milioni di clienti potenziali a disposizione di quei concorrenti (anche non italiani) già abituati a correggere costantemente e a tarare la propria comunicazione. I clienti trascurati, o addirittura ignorati, rappresentano un target indefinito all’interno dei confini nazionali che di fatto è come fosse popolato da “stranieri”. Sarebbe più produttivo pensare che forse con loro non abbiamo usato il linguaggio giusto, non abbiamo detto quello che dovevamo dire, non abbiamo saputo illustrare il prodotto in modo comprensibile … La pubblicità, nonostante il web abbia reso molte cose più facili e veloci e consenta di arrivare molto più lontano di un tempo, non è una scienza esatta. Ma può diventare molto precisa: per renderla tale è necessario conoscere gli strumenti giusti per poterne sfruttare le potenzialità e rivolgersi a professionisti all’altezza del compito. In ogni caso è sempre fondamentale curare i contenuti che si trasmettono, perché sono una delle principali cause del successo o meno della nostra comunicazione. Diamo, per chiarire, solo un esempio “storico” e un’osservazione di metodo.
L’esempio, da manuale, è quello dell’azienda che produceva alimenti studiati per i diabetici. I prodotti indicavano ovviamente la condizione sanitaria dell’acquirente in target che però, da un’indagine, risultò provasse “vergogna” nell’acquisto perché si palesava lo stato di salute che sappiamo essere un “dato sensibile”. Le vendite infatti latitavano e stavano per suggerire il ritiro della produzione. Studiando il caso si scoprì però che un effetto collaterale degli alimenti in questione era il senso di sazietà. I consulenti dell’azienda suggerirono allora di modificare solo la comunicazione e le indicazioni sulle confezioni: i prodotti vennero descritti come “utili per chi stesse cercando di perdere peso perché capaci di ridurre il senso di fame, ma adatti anche ai diabetici”. Le vendite subirono un’impennata.
L’osservazione riguarda la lingua da utilizzare in una comunicazione che abbia obiettivi commerciali: l’Italia è un Paese dove risulta essere presente un analfabetismo di ritorno in oltre il 70% della popolazione, che fra le altre cose significa “difficoltà di comprensione di frasi mediamente complesse”. Se a questo ampio bacino di clienti potenziali ci rivolgiamo usando termini “stranieri” facciamo un errore commerciale, perché parliamo solo a chi li capisce, che non è detto ci sia, che sia quello che compra o che possa permettersi di farlo. Chi non ti capisce in sostanza non ti segue e non ti compra. Chi non ti capisce ti lascia. E ogni lasciato è perso ed è per questo che in DNA Italia lavoriamo per non lasciare indietro nessuno.